Le
orchesse formano un pilastro fondamentale nella società degli orchi.
Poche di loro si uniscono ai maschi per la caccia e la guerra, anche
se alcune formidabili guerriere sono entrate nelle leggende
erondariane.
Esse si occupano, invece, delle abitazioni e della prole, che
gestiscono collettivamente con grande energia e piglio autoritario;
non esistono nuclei familiari, anche se la genealogia viene tenuta in
gran conto dalla tradizione orquina,
e i bambini vengono cresciuti ed educati in grandi gruppi gestiti da
un numero imprecisato di “madri”, con grande affetto e senso
materno ma anche inflessibile disciplina. Non esistono contratti
matrimoniali veri e propri, tranne che per alcuni capoclan
i quali arrivano a creare delle dinastie che portano il loro nome.
L'orchessa, quando entra in estro, si allontana dalla comunità e
monta la sua “tenda del
sudore” in località
isolate, dove attende l'arrivo dei maschi richiamati dagli effluvi
dei legni profumati e delle erbe aromatiche che lei brucia
nella tenda. Terminato l'accoppiamento, che può durare diversi
giorni, solitamente l'orchessa deruba il maschio di ogni avere e lo
abbandona nella tenda, stordito dai fumi e dal liquore di malto. Il
bottino così raccolto, chiamato tradizionalmente la “dote
della tenda”, viene
quindi donato a tutta la collettività. Le orchesse si rasano il
capo e si tagliano ritualmente i capelli; usano invece lasciare
crescere il folto vello ascellare e inguinale, che viene raccolto in
corte e robuste trecce. Di un'orchessa di facili costumi – ovvero
di una che monta la tenda
del sudore più volte al
mese – si dice che “si
fa afferrare per la treccia”.